Un beato scout: Don Stefan Wincenty Frelichowski

Il 23 febbraio la Chiesa ricorda Don Stefan Wincenty Frelichowski proclamato martire il 26 marzo e beato il 7 giugno 1999 da Giovanni Paolo II (qui l’omelia). Scout, sacerdote e martire Don Frelichowski è stato affidato dal Papa allo scautismo polacco come patrono: «Voglio rivolgermi anche a tutta la famiglia degli scout polacchi, alla quale il neo beato era profondamente legato. Diventi il vostro patrono, maestro di nobiltà d’animo e intercessore di pace e di riconciliazione».

Nasce il 22 gennaio 1913 a Chełmża, un piccolo villaggio allora nella Pomerania prussiana, ed entra il 21 marzo del 1927 nel 2° Reparto di Chełmża Zawisza Czarny, facendo la sua Promessa 3 mesi più tardi, il 26 giugno. Diventerà in seguito Capo Squadriglia delle Volpi e poi anche Capo Reparto. Sul suo diario scrive: «il reparto non dona ai suoi componenti solo la disciplina, l’abilità manuale o il piacere di campeggiare; ma un’educazione completa che permette ad un cittadino di conoscere il suo dovere verso la Patria. Credo veramente che un paese dove tutti i suoi cittadini siano stati scout, sarebbe il migliore di tutti. Perché lo scautismo, e soprattutto lo scautismo polacco, dispone di mezzi tali da formare quel tipo di uomini di cui abbiamo bisogno al giorno d’oggi. Quella che è più sorprendente e geniale allo stesso tempo, è l’idea che siano i giovani ad educare i giovani. […] Finché posso – piaccia al Cielo che sia per sempre – sarò uno scout e mi adopererò per lo scautismo senza mai cessare di sostenerlo.»

Nel 1933 entra in seminario a Pelpin e sarà rover in un Clan composto da soli seminaristi, prendendo la Partenza nel 1935 e facendo poi anche il Capo Clan. Il 16 giugno 1935 scrive questa preghiera in cui è evidente come la vita e gli ideali dello scautismo abbiano modellato la sua anima:

«Io non sono colui che dovrei essere e che vorrei essere, ma voglio esserlo.
Oggi scrivo queste parole nella più profonda inquietudine dello spirito.
Mi voglio liberare di questo stato, fuggire da questo stato.
Desidero diventare un uomo, essere utile.
Ma la mia propria forza non è sufficiente per arrivarci.
Oggi m’inginocchio nella più profonda umiltà davanti a Te, mio Signore.
Sento tutta la mia imperfezione e debolezza.
Mi rivolgo a Te che mi hai creato come sono e che mi guidi.
Liberami da questo mio stato, voglio essere diverso.
Voglio essere un vero scout, agire secondo la mia coscienza
Donami la Tua grazia, che mi permetta di uscire da questo declino spirituale.
Fammi diventare un vero uomo di valore.
Mi affido nelle Tue mani, mio Dio.
Rendimi migliore, poco a poco.
San Giorgio, aiutami a vincere su me stesso.
Amen»

ad un campo scout, secondo da sinistra

Durante il diaconato svolge l’incarico di segretario del Vescovo di Toruń, Stanislaw Okoniewski. Viene ordinato prete il 14 marzo 1937 e il 1 luglio del 1938, verrà nominato vicario della Parrocchia dell’Assunzione della Beata Vergine Maria (ora cointitolata anche a lui) dove si dedicò in particolare all’apostolato dei giovani e svolse anche il ruolo di Assistente degli scout e dell’intero distretto della Pomerania.

Ma la storia aveva altri piani per lui: 15 mesi dopo l’Europa e il mondo piombano di nuovo nella Guerra. La Wermacht entra a Toruń il 7 settembre del 1939 e dopo solo 10 giorni, il 17, Frelichowski viene arrestato assieme ad altri preti. Rilasciato per pochi giorni verrà nuovamente arrestato il 18 ottobre e rinchiuso nel Forte VII, un’installazione militare del XIX secolo vicino a Toruń, dove cercò di rafforzare il morale degli altri detenuti fornendo assistenza spirituale.

Dopo un breve periodo a Nowy Port dove i nazisti lo misero a lavorare nella penisola di Westerplatte vicino a Danzica, il 10 gennaio viene internato nel campo di concentramento di Stutthof dove venne adibito al lavoro in miniera. Anche qui si dedicò al conforto spirituale degli altri internati e ad aiutare gli anziani, i malati e i più deboli, riuscendo ad organizzare dei momenti di preghiera comune al mattino e alla sera e, avendo ottenuto di contrabbando delle ostie e del vino, celebra clandestinamente la Messa del Giovedì Santo. A quella funzione partecipó anche Bernard Czaplinski, futuro Vescovo di Toruń, che ricorda: «nessuno potrà dimenticare quel Giovedì Santo del 1940, quando grazie ai suoi sforzi, potemmo per la prima volta dal nostro arresto celebrare la S. Messa […] e le confessioni che organizzò».

Tre settimane dopo, il 9 Aprile 1940, viene trasferito al campo di Sachsenhausen-Oranienburg vicino a Berlino e assegnato al blocco 20 sotto la supervisione del criminale di guerra Hugo Krey. Un altro internato ricorda: «cento vole peggiore era il blocco dei preti. Hugo era un mostro in carne e ossa.». Infine il 13 dicembre 1940 venne trasferito definitivamente a Dachau dove il regime Nazista radunò tutti i preti internati nei vari campi (informazioni qui e qui). In questo campo gli venne offerta la possibilità di entrare nella Volksliste, una lista di persone che si dichiaravano di “etnia o ascendenza tedesca”, rinunciando alla cittadinanza polacca. Frelichowski rifiutò e a seguito di ciò le sue condizioni di prigionia divennero peggiori, finendo anche nell’Ospedale del campo, dove non smise di offrire assistenza spirituale ai malati e ai moribondi.

I preti erano nel blocco 26 e 28, quest’ultimo riservato ai soli polacchi come Don Stefan (all’incirca 1780 su un totale di 2720 preti). Nel blocco 26 i nazisti permisero di costruire una cappella, e la prima Messa si tenne il 20 gennaio 1941, ma gli altri prigionieri non potevano accederci e le SS proibivano ai preti di quel blocco, soprattutto tedeschi, di svolgere attività religiosa al di fuori, circondando l’intero blocco col filo spinato. Nel blocco 28 tuttavia la situazione era diversa: i polacchi erano trattati peggio dai nazisti, e molti di loro furono utilizzati come cavie e infettati volutamente con la malaria. Era loro proibito svolgere alcuna attività religiosa, ma Don Stefan e tanti altri clandestinamente celebravano Messe all’alba o durante i turni di lavoro assieme agli altri prigionieri, distribuivano l’eucarestia e ascoltavano confessioni.

Dalla metà del 1943 le condizioni dei prigionieri nei Pfarrerblock (blocco dei Preti) ebbero un modesto miglioramento: anche ai polacchi fu concesso di celebrare Messe una volta la settimana e accedere alla Cappella, compresi anche i non cattolici. I preti potevano offrire assistenza ai malati ed inoltre ottennero anche la possibilità di ricevere pacchi di cibo dalla proprie famiglie o dalle Comunità, riuscendo anche ad ottenere delle vere ostie (prima di allora utilizzavano pane): Don Stefan riuscì a convincere altri internati a donargli una parte dei loro pacchi e organizzò, coinvolgendo una trentina di altri preti, una distribuzione di cibo per i prigionieri comuni degli altri blocchi che non ricevevano nulla e continuando a distribuire l’eucarestia.

Sul finire del 1944 scoppiò un’epidemia di tifo a causa delle pessime condizioni igieniche del campo. Le autorità tedesche si limitarono a separare i blocchi dei malati con del filo spinato abbandonando i malati a se stessi: la mortalità fu altissima 403 morti in ottobre, 997 in novembre e 1915 in dicembre. Nonostante i consigli di pensare alla sua incolumità, Frelichowski non smise mai di portare speranza e occuparsi dei più bisognosi, entrando nelle baracche degli infetti quando pochi altri osavano farlo, portando quel poco cibo che riusciva a trovare e conforto.

Alla fine contrasse il tifo anche lui e una brutta polmonite. Morì a 32 anni il 23 febbraio 1945, due mesi prima della liberazione del campo.

Sorprendentemente le autorità del campo, forse colpite dalla tenacia e dall’animo di Frelichowski, permisero che i compagni di prigionia potessero porgergli l’estremo saluto raccogliendosi attorno al suo corpo, prima che fosse cremato nei forni, avvolto in un lenzuolo bianco e adorno di fiori; così ricorda un testimone: «in silenzio e in solenne concentrazione di preghiera la folla dei prigionieri si muoveva nell’ossario. Passavano giovani e vecchi, polacchi e stranieri. Lo conoscevano tutti. In quel momento tante intense preghiere erano rivolte al Creatore per lui, tante lacrime si versavano sulle guance. Se n’è andato da sacerdote amato e santo. Era morto un uomo che aveva depositato la sua vita sull’altare dell’amore e della misericordia verso il prossimo».

Il monumento a Toruń

Rivolgo queste parole anche a voi, cari genitori, che siete i primi educatori dei vostri figli. Siate per essi l’immagine dell’amore e del perdono divino, cercando con tutte le forze di essere una famiglia unita e solidale. […]

Chiedo a voi, educatori, che siete chiamati ad inculcare nella giovane generazione i valori autentici della vita: insegnate ai bambini e ai giovani la tolleranza, la comprensione e il rispetto per ogni uomo; educate le giovani generazioni in un clima di vera pace. É loro diritto. É vostro dovere.

Voi, giovani, che portate nel cuore grandi aspirazioni, imparate a vivere nella concordia e nel reciproco rispetto, aiutandovi con solidarietà gli uni verso gli altri. Sostenete nei vostri cuori l’aspirazione al bene e il desiderio della pace. […]

Accogliamo con grande riconoscenza la testimonianza della vita del beato Wincenty Frelichowski l’eroe dei nostri tempi, sacerdote e uomo di pace, come una chiamata per la nostra generazione.

Giovanni Paolo II